I sempre più potenti mezzi informatici a loro disposizione hanno modificato profondamente il lavoro degli astronomi moderni, impegnati in una delle sfide intellettuali certo più affascinanti: l'esplorazione dell'Universo e la chiarificazione della sua origine

Il Cielo in uno Schermo

di Mattia Vaccari


Rispetto alle sue scienze "sorelle" (basti pensare alla fisica), agli occhi dei non addetti ai lavori l'astronomia è sempre stata avvolta da una malintesa aura di poesia, vagamente legata all'esperienza personale della contemplazione del cielo stellato in una notte limpida, all'esplorazione del nostro Sistema Solare da parte degli astronauti o delle sonde spaziali, o ancora alla formidabile sfida intellettuale costituita dalla comprensione dell'origine e dell'evoluzione dell'Universo.


Telescopi, Dati e Galassie

Come spesso succede in casi come questo, il lavoro quotidiano dell'astronomo non ha però mai risposto a questi canoni. Fino a non molto tempo fa, in effetti, esso consisteva soprattutto nella faticosa raccolta notturna di poche immagini, raccolte su lastre fotografiche, dalle quali si sarebbero poi dovute estrarre le informazioni utili da un punto di vista scientifico con metodi oggi dimenticati, come l'analisi ad occhio nudo.

Nel corso degli ultimi due decenni, viceversa, l'introduzione dei rivelatori digitali, le cui osservazoni si prestano naturalmente ad essere immagazzinate e trattate per via informatica, assieme alla capillare diffusione di computer a basso costo e di reti di trasmissione dati globali, hanno portato ad una rivoluzione di portata pari forse solo a quella provocata dall'introduzione del cannocchiale da parte di Galileo nel 1610.

Lo sviluppo di un moderno progetto di ricerca astronomico, infatti, necessita in ogni sua fase di un massiccio impiego dei computer. Una rapida carrellata dei contributi dell'informatica all'ottenimento delle magnifiche immagini prodotte dai telescopi di più recente costruzione comprende:



I Computer in Astronomia

Questa multiforme dipendenza ha fatto sì che fin dagli albori dell'era informatica gli istituti di ricerca astronomica sparsi per il mondo si popolassero rapidamente di una gamma di computer varia almeno quanto le esigenze dei singoli astronomi. Se le sofisticate simulazioni della struttura di sistemi complessi, quali ad esempio le atmosfere stellari o le galassie, possono richiedere giorni interi di calcolo sui più potenti supercomputer attualmente disponibili e l'uso delle tecniche sviluppate dal moderno calcolo parallelo, la maggior parte degli studi d'avanguardia possono essere (e sono) realizzati con l'aiuto di semplici PC. Ad un livello intermedio si collocano invece le workstation Unix (Sun, Dec, SGI, etc), eventualmente multiprocessore, preferite ad esempio per gestire il lavoro di un gruppo di ricerca impegnato su di un progetto comune.

Sui PC tipicamente vengono montati sia MS Windows sia una qualche distribuzione Linux. Come così spesso capita negli ambienti scientifici, anche qui infatti tra gli studenti come tra i ricercatori si contano numerosi i battaglieri sostenitori del movimento Open Source. Forse anche grazie a questa "quinta colonna", ma certo anche al costo delle licenze del software per il sistema operativo targato Redmond (piuttosto oneroso per istituti che si devono confrontare con la necessità di fornire un gran numero di postazioni di lavoro e con budget certamente non esaltanti), il pinguino più popolare del mondo si è andato imponendo come il più apprezzato strumento di lavoro personale, mentre per progetti di ricerca più impegnativi, magari sviluppati in consorzio con altri istituti, le succitate Workstation sono ancora la scelta più frequente.

Per quanto riguarda i linguaggi di programmazione preferiti, invece, le abitudini degli astronomi riflettono solo parzialmente l'affermarsi dei moderni linguaggi ad alto livello, con il risultato di apparire spesso arcaiche. Se da un lato questo fenomeno è dovuto anche alla naturale pigrizia nell'apprendere nuovi linguaggi che caratterizza "chi programma ma non è un programmatore", è anche vero che, in una disciplina dove l'accuratezza dei calcoli svolti numericamente è tanto importante, la disponibilità di una grande quantità di codice già noto, efficiente e accuratamente testato è un'ottima ragione a sostegno dell'uso di linguaggi più o meno obsoleti.

Nello sviluppo di applicazioni particolarmente intensive il Fortran, soprattutto nella sua incarnazione datata 1977, continua a godere quindi di una grande popolarità, anche se il C lo insegue ormai da vicino, mentre C++ e Java, specie in ambito italiano, sono ancora poco usati. Ad ogni modo, un forte impulso in questa direzione è venuto negli ultimi anni dalle nuove leve di studenti e giovani ricercatori, spesso venuti a contatto in tenera età con tali linguaggi e desiderosi di adoperarli nel lavoro di tutti i giorni. Nonostante alcuni limiti intrinseci che ne rendono poco agevole l'applicazione a problemi numericamente complessi, Java offre infatti delle qualità di grande interesse per ogni scienziato, a partire dalla possibilità di pubblicare sul web i risultati del proprio lavoro prima e in forma più completa di quanto sia possibile fare sulle riviste scientifiche, all'opportunità di includere applet dinamici fino alla possibilità di eseguire intere applicazioni dalla rete senza pregiudicare la sicurezza del proprio sistema, cosa sempre più importante in un mondo dove le collaborazioni scientifiche si realizzano sempre più attraverso la posta elettronica e internet. Per queste ragioni, ma anche grazie alla possibilità di scrivere codice largamente riutilizzabile e portabile, l'uso di Java si sta imponendo prima di tutto all'interno di grandi progetti di sviluppo software che coinvolgono molte persone dislocate in sedi diverse, come il software usato per la gestione degli strumenti o per la realizzazione di raffinate simulazioni numeriche. Il codice riportato nel Listato 1 , ad esempio, calcola il valore del rapporto tra le dimensioni reali e quelle apparenti (in altre parole, l'angolo che sottende nel cielo) di un oggetto in funzione della sua distanza, qui indicata dal parametro noto come Redshift, o spostamento verso il rosso. Come si può vedere in Figura 1, la rappresentazione grafica del risultato evidenzia uno dei paradossi più affascinanti del modello di Universo oggi più popolare nell'ambito della teoria della Relatività Generale di Einstein: il fatto che oltre una certa distanza, corrispondente ad un Redshift di circa 1, la dimensione apparente di un oggetto aumenta invece che diminuire, come ci viene suggerito dall'esperienza quotidiana.

Laddove è essenziale per l'astronomo il poter lavorare in modo interattivo, come nell'analisi dei dati, sono invece usatissimi diversi pacchetti software sviluppati da consorzi di istituti di ricerca, non di rado creati per una specifica applicazione ma poi messi a disposizione della comunità astronomica, che contendono il mercato a prodotti commerciali generalmente più user-friendly e dalle interfacce grafiche più accattivanti.

I più autorevoli rappresentanti delle due categorie sono, rispettivamente, IRAF (disponibile per tutte le piattaforme Unix e scaricabile gratuitamente da http://iraf.noao.edu), originariamente creato da un istituto di ricerca americano ma ora irrobustito dai diversi contributi forniti dagli utenti, e IDL (disponibile su tutte le piattaforme, informazioni su http://www.rsinc.com/idl), un linguaggio interpretato che si è saputo guadagnare la stima degli astronomi grazie soprattutto alle sue capacità grafiche di prim'ordine e alla sua immediatezza.

Entrambi gli ambienti implemantano raffinati algoritmi di calcolo numerico e di image processing e permettono di analizzare i dati interattivamente visualizzando i risultati del proprio lavoro in tempo reale (Figura 2), riducendo quindi in misura sensibile i tempi di lavoro. È ad esempio possibile combinare immagini di una stessa galassia ottenute in colori diversi, cosa che permette di apprezzare i colori delle sue diverse regioni. In questo modo, combinando quattro diverse esposizioni, si è ottenuta ad esempio l'immagine in Figura 3, nella quale possiamo vedere una galassia situata nella costellazione del Compasso. Sulla base del suo colore e delle strutture presenti nelle sue parti centrali, gli astronomi ritengono che si tratti di una galassia nella quale sta avendo luogo un'intensa attività di formazione stellare e che nel suo centro si trovi un massiccio Buco Nero. Ogni giorno i telescopi terrestri e spaziali esplorano il cielo producendo migliaia di immagini come questa, ciascuna composta da diversi milioni di pixel, che prendono poi la via degli istituti e degli archivi astronomici di tutto il mondo. A vs fiolte senza neppure il bisogno, da parte dell'astronomo, di eseguire fisicamente le osservazioni al telescopio, perché è ormai pratica piuttosto frequente delegare l'esecuzione di accurate istruzioni di osservazione ai tecnici impiegati presso gli osservatori.


Database astronomici prossimi venturi

L'esempio forse più eclatante di applicazione dell'informatica all'astronomia ci viene però dai progetti che si vanno sviluppando in questi anni per la gestione dei database astronomici che verranno generati dai telescopi futuri. In omaggio alla "tirannica" legge di Moore, così come la potenza dei processori anche la quantità di dati astronomici disponibili sembra seguire una crescita esponenziale. Basti pensare che se il telescopio più produttivo (sia in termini scientifici che di mole di dati prodotti) mai costruito fino ad oggi, il molto citato Hubble Space Telescope (HST), produce una media di "soli" 5 Gbyte di dati al giorno, il Large-aperture Synoptic Survey Telescope (LSST), attualmente in fase di studio da parte degli Stati Uniti e che se approvato diventerebbe operativo in una decina d'anni, potrebbe arrivare a produrre fino a 5 Terabyte = 5000 Gbyte al giorno. Ben si vede, quindi, come l'astronomo si trovi a dover ripensare il proprio approccio nei confronti dei dati, e come nonostante gli strepitosi passi avanti compiuti recentemente le nostre idee sulle dimensioni dei "grandi" database siano destinate ad essere presto stravolte.

Queste considerazioni quantitative sono tanto più interessanti quando si prendano in considerazione recenti studi di teoria del caos, stando ai quali i sistemi complessi, dei quali i database sono dei tipici esempi, in seguito alla loro crescita e riorganizzazione subiscono una transizione di fase (un po' come la "trasformazione" dell'acqua da solida a liquida) che li rende qualitativamente diversi. In altri termini, esiste una soglia al di sopra della quale la quantità di informazione disponibile in un database, se correttamente organizzata ed interrogata, permette di sfruttare la sua cosiddetta connettività, vale a dire di stabilire relazioni nuove tra le sue vare parti e di individuare pattern generali.

Naturalmente, il fatto che una tale straordinaria mole di dati sia disponibile in formato digitale non è di per se' una garanzia, ché è necessario sviluppare modi intelligenti di "navigare" in mezzo a tutta questa informazione. Queste nuove opportunità hanno suscitato nella comunità astronomica internazionale un grande interesse nei confronti del data mining e dei suoi metodi, nella speranza di poter utilizzare tecniche sviluppate per stabilire, ad esempio, correlazioni tra la nostra occupazione ed i nostri consumi, per il riconoscimento di eventuali regolarità nei dati astronomici e la successiva deduzione di leggi generali.

In questo contesto, negli ultimi anni si sono andati sviluppando tutta una serie di progetti intesi ad investigare le potenzialità di questo nuovo approccio. Progetti come il Virtual Astronomical Observatory europeo (Riquadro 1) o il National Virtual Observatory statunitense stanno cominciando appena a confrontarsi con questi problemi, dall'esigenza di un elevato grado di automatizzazione e uniformità nell'analisi dei dati a quella di stabilire standard e protocolli per l'archiviazione e l'accesso ai dati, a quella di creare interfacce grafiche "intelligenti", in grado di assistere lo scienziato nelle sue indagini. Tutto questo nella convinzione che l'astronomia d'archivio, permettendo di svolgere nuove ricerche senza realizzare nuove osservazioni, ma semplicemente usando dati ottenuti in precedenza in modo più "creativo", possa un giorno rivaleggiare in importanza con il più familiare modo di fare astronomia che oggi conosciamo.


Conclusioni

Il vertiginoso sviluppo dei mezzi informatici a sua disposizione ha modificato in modo irreversibile il lavoro dell'astronomo, che si trova ora a percorrere a gran velocità la china tra un passato romantico e un futuro forse più prosaico ma ricco di opportunità. La disponibilità di quantità rapidamente crescenti di dati e la possibilità di avervi accesso tramite la rete ha impresso un'accelerazione impressionante alla ricerca astronomica. I computer, dai più sofisticati supercalcolatori ai semplici PC, sono ormai diventati uno strumento indispensabile per l'astronomo, che spesso si trova a dover vestire i panni del progammatore.

Cercare di tracciare il profilo di una situazione in rapida evoluzione è sempre difficile. Nuove idee vengono infatti sviluppate in continuazione, i progetti in corso cambiano forma o vengono interrotti per inseguire nuove possibilità, e tutto questo ha luogo attraverso lo scambio di e-mail ben prima di venire comunicato pubblicamente. In che misura questo stravolgimento dei modi e dei tempi di lavoro degli astronomi cambierà il nostro modo di intendere questa scienza dalle origini e obiettivi tanto affascinanti rimane da vedere, ma è chiaro che la grandiosa rivoluzione ora in corso è ben lontana dall'arrestarsi.


Bibliografia

[1] James Gleick, Faster: The Acceleration of Just About Everything, Vintage, 1999

[2] Oliver Montenbruck e Thomas Pfleger, Astronomy on the Personal Computer, 2nd edition, Springer, 1994

[3] Stephen J. Chapman, Java for Engineers and Scientists, Prentice Hall, 1999


Note Biografiche

Mattia Vaccari è dottorando presso il Dipartimento di Astronomia dell'Università di Padova, dove si occupa di astronomia extragalattica, analisi dati e telescopi spaziali.

Ulteriori informazioni sulla sua attività di ricerca si possono trovare alla pagina web http://mimir.pd.astro.it/~mattia.

Può essere contattato all'indirizzo e-mail vaccari@pd.astro.it.



Figura 1 Figura 2 Figura 3 Riquadro 1 Riquadro 2 Listato 1 (HTML) Listato 1 (Java Source) Gzipped PS file

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